Corruzione è il nuovo libro di Maurizio Bartoletti


Molto è stato scritto sul tema della corruzione, prima con riferimento allo Stato e, quindi, a quella politica – tra gli altri, il Pluto di Aristofane o il Lucio Flacco di Cicerone, fino ad enucleare il concetto per il quale la corruzione è intrinseca al sistema di funzionamento dello stato con Hegel, Machiavelli, Kafka, Corrado Alvaro, Hobbes, Tocqueville – e successivamente, dopo la cd. Tangentopoli, con fini divulgativi, più sintomatici che sistemici, più per inseguire spazio sui media che per pervenire ad una reale analisi della situazione.
Un percorso seguito anche nella cinematografia dove dopo i “I mostri” di Risi si è passati ai vari “Il portaborse”, “Compagni di scuola” ed altre pellicole dell’ultimo periodo.
L’interesse per il tema si incrocia oggi con le tensioni prodotte nel sistema sociopolitico da una sconosciuta – quanto a sviluppi ed effetti – crisi economica, ma, soprattutto, con un’accentuazione dei livelli di sfiducia verso la politica tout court e, in particolare, verso la classe dirigente chiamata a guidare il Paese.
In tale quadro è normale porsi la domanda se nell’Itali,a culla del diritto, il diritto ci stava così bene, ricordando l’indimenticato Enio Flaiano, da essersi addormentato. O, ancora peggio, se l’Italia finirà, come vaticinato da alcuni, per staccarsi dall’Europa per cascare nel Mediterraneo.

L’analisi porterà alla luce alcuni spaccati interessanti circa queste due immagini che vengono continuamente riproposte, alcune “verità nascoste” alla stessa conoscibilità dei più: o, meglio, alcune “vere bugie” e alcune “false verità”.

Alcune di queste, rendono giustizia ai tanti bravi dipendenti pubblici, alla maggioranza silenziosa di quei 3,5 milioni di dipendenti pubblici,a quella Pubblica Amministrazione “perbene” che quotidianamente subisce gli effetti negativi prodotti da colleghi assenteisti, improduttivi, non aggiornati, che alla forza della legge preferiscono la legge del più furbo o del più forte.

La tolleranza verso questi comportamenti che non vengono sanzionati ha finito con il generare l’intolleranza della popolazione: l’Italia non sembra un Paese di corrotti, piuttosto, forse, una Nazione nella quale nessuno paga mai il conto, nonostante il continuo inasprimento delle sanzioni, soprattutto penali, che appaiono, ogni volta di più, come le grida manzoniane, indifferenti alle cause reali, così da vanificare la funzione di deterrenza speciale e generale della sanzione.

Le “verità nascoste” che emergono, sempre che qualcuno le voglia ascoltare nel frastuono che circonda un tema, quello della corruzione, diventato oggetto di rendita politica, consentirebbero di interpretare autenticamente la questione, per evitare il riproporsi di scelte sintomatiche, tipiche di un “ospedale da campo”, di uno “stato barelliere”, con l’abituale “pezza” che si mette dopo grazie all’allestimento, spesso affannoso, di un “pronto soccorso” per intervenire sulla situazione problematica esplosa, sull’ennesimo allarme, magari infondato.
La corruzione è evidentemente un tema centrale per qualsiasi democrazia e per tutti i Governi democratici: con buona pace di tutti, non può essere diversamente, qui in Italia, come altrove.
I corrotti, chi fa mercimonio della funzione pubblica assegnatagli, deve finire in carcere, senza “se” e senza “ma”, evitando, però, di dare vita e alimentare un “mondo dell’anti-corruzione”, come lo ha definito Steven Sampson nel suo Integrity Warriors, dotato di attori, strategie, risorse e pratiche proprie, con i suoi eroi, le sue vittime, i suoi cattivi.
All’Italia, che ha un sistema repressivo estremamente efficiente e invidiato, non serve.
Piuttosto appare necessario incidere sullo iato, che sembra immortale, tra il predicare ed il fare, che lascia i problemi perennemente irrisolti, che spesso non va oltre il momento dialettico del circuito “mediatico-convegnistico” con l’idea di legalità che sembra surfare sulle onde, apparendo e scomparendo con pari velocità e ciclicità, fino a diventare un passe-partout per la rassicurazione del cittadino, ghiotta occasione di promesse elettorali e di consenso a buon mercato mentre si allestiscono patiboli mediatici, si auspicano boia politici e si invocano governi di salute pubblica.
Per farlo non serve molto.
Per farlo serve, prima di tutto, una informazione oggettiva sul fenomeno.
Perché vi è “… la duplice necessità di neutralizzare adeguatamente le condotte illecite e di garantire una forte trasparenza sul fenomeno, anche per evitare- come ha sottolineato il Direttore della Direzione Investigativa Antimafia, il Generale dei Carabinieri Girone, il 6 luglio 2010, nel corso della Audizione avanti alle Commissioni I e II Riunite del Senato della Repubblica nell’ambito dell’esame del ddl 2156 – che una amplificazione di dati inesatti possa incidere sull’immagine del Paese e, conseguentemente, sul suo rating in sede internazionale…”.

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