La crisi? Ci aiuta a migliorare la PA


Sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, sulla loro dinamica e sul confronto con il settore privato molto è stato scritto in questi ultimi tempi, purtroppo senza rinunciare a imprecisioni ed errori. Eppure un tema così importante per quanti lavorano nel pubblico, e in generale per gli effetti che dispiega sulla competitività dell’intera economia, merita chiarezza. Anche perché i dati a nostra disposizione coprono un orizzonte temporale sufficientemente lungo per valutare appieno gli effetti che le diverse stagioni e regole contrattuali hanno prodotto su livelli e differenziali salariali tra i due settori nonché sugli andamenti dei costi salariali in rapporto alla produttività. E’ così possibile spiegare ragioni, obiettivi e risultati sia della riforma del modello contrattuale avviata nel 2008 sia degli interventi sulle retribuzioni nelle amministrazioni pubbliche varati con le manovre finanziarie.

Un po’ di storia, innanzitutto. Le statistiche Istat sulle retribuzioni di fatto indicano che dal 1993 e fino al 2000 la crescita retributiva per i pubblici si è mantenuta sostanzialmente in linea con quella dei privati, mentre dal 2000 al 2008 è risultata costantemente e significativamente superiore. A differenza di quanto avvenuto in occasione dei precedenti rinnovi, con la stagione contrattuale 2008-2009 i negoziati si sono invece svolti in tempi contenuti, evitando così che gli arretrati riferiti ad annualità precedenti alterassero gli indici di crescita delle retribuzioni. Gli incrementi riconosciuti nel biennio 2008-09 (pari al 3,2%) sono così risultati sostanzialmente in linea con l’inflazione.

E’ stato quindi rispettato il quadro programmato delle risorse destinate alla contrattazione, senza cedere all’andazzo del passato, quando le revisioni successive venivano ogni volta concesse sotto la pressione di rivendicazioni sindacali.
Risultato: la contabilità nazionale Istat indica che le retribuzioni medie per unità di lavoro dipendente sono cresciute dell’1,5% nel 2009 e dell’1,3% nel 2010, meno di quanto sia accaduto per i privati. Ne risulta un quadro di sostanziale moderazione salariale che, come ci ricorda il recente rapporto dell’Aran, riflette anche le nuove disposizioni sulla contrattazione integrativa. Tant’è vero che anche le amministrazioni storicamente più inclini ad aumentare in sede locale le risorse in favore del proprio personale, sono state portate a un atteggiamento più attento e responsabile. La stessa Corte dei Conti conferma come l’andamento del volume complessivo della spesa per il personale nel 2009 abbia mostrato un incremento molto contenuto (+0,76%), in virtù dell’effetto combinato di “moderazione salariale” e riduzione dell’occupazione pubblica (-2%) seguita al rafforzamento dei vincoli al turn-over.

Grazie alle misure di blocco della contrattazione e delle retribuzioni individuali, raggiungeremo nel 2013 il pieno riallineamento con il settore privato, in coerenza con l’obiettivo di razionalizzare i costi e l’uso delle risorse. L’obiettivo che stiamo perseguendo è però decisamente più ambizioso: disporre di un settore pubblico meno costoso e più efficace nel soddisfare i bisogni dei cittadini, usando le tre leve della valutazione, della meritocrazia e della trasparenza. Nonostante i vincoli imposti dalla congiuntura, si tratta di un risultato a portata di mano. Il cosiddetto “dividendo dell’efficienza”, esplicitamente richiamato nell’ultima manovra finanziaria, offre infatti alle amministrazioni lo strumento per attivare un circolo virtuoso: maggiore efficienza – minori costi – premialità. Il meccanismo del dividendo prevede infatti che una quota delle riduzioni dei costi di funzionamento che le amministrazioni riusciranno a realizzare (soprattutto grazie ai processi di semplificazione e digitalizzazione in atto) possa essere destinata proprio al riconoscimento di incrementi salariali collegati al merito individuale di produttività. Paradossalmente, la pesante crisi economica può rivelarsi un’opportunità preziosa che non va sprecata: le amministrazioni possono finalmente operare con un sistema di relazioni industriali semplificato e snellito (da dodici si è passati a soli quattro comparti: due per le amministrazioni centrali, due quelle locali), fortemente orientato a una politica retributiva dei dipendenti pubblici selettiva e mirata, capace di individuare responsabilità e premiare i risultati.

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