Il premier tiri dritto sull’articolo 18. E il Pdl lo appoggerà


Contesta l’uso “superficiale” da parte della stampa della parola liberalizzazioni in riferimento al decreto Monti in discussione alla Camera (“Ce ne sono ben poche, tanto che la parola non compare neppure nel titolo del provvedimento”). Ammonisce l’esecutivo a non abusare del voto di fiducia. Difende l’impianto della legge elettorale a firma Calderoli, il cosiddetto Porcellum. È d’accordo con Monti sull’andare avanti ad oltranza sulla modifica dell’articolo 18. Non chiude la porta alla Lega. Così Renato Brunetta, professore di Economia del lavoro e già ministro per la Pubblica Amministrazione durante il Governo Berlusconi.

Sono oltre 2 mila gli emendamenti al decreto sulle liberalizzazioni. Non sono troppi?

Assolutamente no. Già il Governo lavora per decreti, se il Parlamento rispondesse con un sì o con un no l’intera vita politico parlamentare sarebbe azzerata. Vediamoli come una ricchezza sti emendamenti. Altrimenti rischiamo di finire come la Grecia.

E se Monti fosse costretto a mettere la fiducia?

Già lo ha fatto con il decreto svuota carceri. La fiducia serve, però non bisogna abusarne (spesso è segno di debolezza, ne sappiamo qualcosa noi…).

C’è chi dice che gli emendamenti siano espressione di lobby e corporazioni.

Nel titolo del decreto la parola liberalizzazioni non c’è, basta andare a leggerlo: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”. Quindi il tema non è al centro del provvedimento: prima di prendersela con le cosiddette lobby del Parlamento, sarebbe utile analizzare bene il testo e farne un’analisi puntuale.

Un altro tema scottante di questi giorni è l’articolo 18, fra contestati scoop di incontri segreti.

Di concreto, finora, non è emerso nulla. Quello che è certo è che Monti deve rispondere a una richiesta dell’Ue che chiede all’Italia di modernizzare il suo mercato del lavoro. L’esecutivo guidato da Berlusconi si era impegnato a farlo entro la primavera del 2012. Monti sta ottemperando all’impegno. Poi se incontri in segreto la Camusso, che le devo dire, ognuno usa il suo tempo masochisticamente come crede.

A suo avviso quali sono i punti dell’articolo 18 sui quali è necessario intervenire.

Il senso dell’articolo 18 è il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa o giustificato motivo. Ma le cause legali in tema di lavoro durano quel che dura la giustizia italiana. In tutto questo periodo il lavoratore rimane licenziato e il datore di lavoro appeso ad una sentenza. Alla fine, se il giudice decide che ha torto il datore di lavoro deve pagare gli stipendi arretrati e riprendere in azienda il lavoratore. Ciò non tutela né l’uno né l’altro. Una cosa inaccettabile.

Quindi?

Credo che se, senza fare guerre di religione, facessimo funzionare meglio la giustizia del lavoro, magari utilizzando bene strumenti come l’arbitrato e la conciliazione, arrivando a sentenza nell’arco di qualche mese e non di anni, daremmo diritti certi a lavoratori e imprese. E se al posto del reintegro ci fosse un congruo risarcimento monetario, sarebbe un fatto di civiltà.

Se Monti non riuscisse a trovare un accordo con le parti sociali?

Ha già detto che andrà avanti lo stesso e noi come Pdl siamo d’accordo con lui.

Cosa pensa dell’ipotesi di sospendere l’articolo 18 per i neo assunti per 3 o 4 anni?

Non perdo il mio tempo con le ipotesi: finora ne ho sentite oltre una decina da parte della sinistra e dei sindacati. Per ora da parte del Governo non c’è nessuna presa di posizione ufficiale. Il Governo ha preso un impegno con la Ue, si è impegnato ad onorarlo, probabilmente con un decreto legge. Come dice Dante: qui si parrà la sua nobilitate.

Un altro grave problema per le imprese sono i ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione.

Riguarda sia le imprese fra di loro, le grosse pagano tardi quelle fornitrici, sia lo Stato. Nel passato c’è stato una sorta di patto implicito perverso. La pubblica amministrazione pagava tardi e in compenso non guardava tanto al prezzo, l’impresa aspettava tanto, ma guadagnava di più. Ora con la crisi il meccanismo si è inceppato. A questo punto è necessaria più trasparenza da parte degli enti pubblici che devono certificare i debiti in modo che le imprese possano scontarli presso le loro banche (norma fatta dal Governo Berlusconi). E utilizzare un sistema alla tedesca: la cassa depositi e prestiti potrebbe fare da intermediario nelle fasi di attesa

Nuova legge elettorale: si adombra un ritorno al proporzionale.

Non si sta assolutamente trattando sul proporzionale. Si sta cercando di correggere il cosiddetto Porcellum, che venne chiamato così da Calderoli perché fu costretto dal Quirinale di allora a modificare il premio di maggioranza al Senato, creando il paradosso di avene due diversi, uno nazionale alla Camera e uno parcellizzato regione per regione al Senato. Ma la legge è buona se migliorata.

Questo è sufficiente?

Andrebbero studiate circoscrizioni più piccole, in modo tale da avere un numero di seggi da assegnare più limitati. Un meccanismo un po’ alla spagnola, in modo tale che gli elettori possano conoscere meglio i candidati. Attualmente sono tanti che non è possibile metterli neppure nella scheda. Ne basterebbero dieci per circoscrizione. Un sistema di liste corte, senza recupero dei resti (di chi cioè non arriva a fare un quorum), che porterebbe ad una sorta di sbarramento elettorale molto alto. Per avere un seggio si dovrebbe avere ad esempio il 10% dei voti. Chi non li ha perde tutto e non recupera. In questo modo ci sarebbe una sorta di premio per i partiti maggiori o per chi supera il 10%, eliminando i partitini.

L’assetto bipolare va comunque difeso?

Assolutamente sì. All’elettore va dato, oltre il potere di scegliere la coalizione e il Presidente del Consiglio, anche quello di individuare i propri eletti.

L’onorevole Casini potrebbe non essere d’accordo.

La cosa non mi turba.

E con la Lega i rapporti sono chiusi?

Mai dire mai in politica.

Fonte: Il Piccolo

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