BRUNETTA: NO ALLA RIFORMA DEL LAVORO, LANCIO I COMITATI ANTI-FORNERO


1. La rilevazione Istat sul mercato del lavoro in Italia – dati aggiornati ad aprile 2012 e diffusi il 1° giugno u.s. – segnala non solo una disoccupazione pari al 10,9% ma, soprattutto, un’accelerazione della tendenza negativa, rappresentando così un evidente rattrappimento della propensione ad intraprendere e ad assumere.

2. Quel che c’era, e purtroppo c’è ancora, da fare per realizzare l’ultimo miglio delle riforme del mercato del lavoro in Italia è sempre stato chiaro a tutti. Ce l’ha chiesto l’Europa, con la lettera della BCE del 5 agosto 2011; si è impegnato a realizzarlo il governo Berlusconi, con tempistiche ben definite, nella lettera ai presidenti del Consiglio e della Commissione Europea del 26 ottobre 2011; lo ha ribadito il presidente Monti nel programma di governo presentato al Parlamento il 17 e 18 novembre 2011, su cui è stata votata la fiducia.

3. C’era e c’è “l’esigenza di riformare il sistema di contrattazione salariale collettiva permettendo accordi a livello di impresa, in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende, e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione”.

4. Occorreva e occorre “rivedere le norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e i settori più competitivi” e di superare l’attuale dualismo tra lavoratori fin troppo tutelati e lavoratori totalmente privi di tutele.

5. Era ed è necessario restituire certezza alle imprese e metterle nelle condizioni di valutare ex ante costi e benefici delle diverse scelte produttive e di investimento, nonché nella possibilità di attrarre investimenti esteri. Ridando certezza alle imprese si dà certezza ai lavoratori, soprattutto ai più giovani e alle donne, da sempre considerati più deboli.

6. Nonostante i buoni propositi e le sollecitazioni europee, il governo ha prodotto un disegno di legge di riforma del lavoro che risponde in termini contraddittori a queste esigenze e che, in particolare, in una fase recessiva dell’economia, inibisce l’attitudine alla nuova occupazione o alla conferma di quella a termine. Con il dissenso unanime di tutto il mondo imprenditoriale.

7. Si è irrigidita la normativa sulla flessibilità in ingresso nel mondo del lavoro, con oneri, vincoli e adempimenti, in un clima di sospetti e presunzioni di colpa nei confronti dei datori di lavoro. Eppure, il lavoro a termine è spesso l’unico praticabile in un tempo di aspettative incerte.

8. Le lievi modifiche all’articolo 18, affidate ad una giurisdizione faziosa, non sono tali da determinare certezze nel caso di interruzione del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e così non incoraggiano le assunzioni.

9. Il Governo ha ceduto ai veti ideologici del cattivo sindacato. Un’occasione mancata, un compromesso al ribasso, un peggioramento della legge Biagi e della precedente legge Treu, che avevano dato indubbi risultati: dal 1997 al 2008 le riforme del lavoro hanno contribuito alla creazione di oltre 3 milioni e mezzo di posti di lavoro, attraverso l’assunzione di persone precedentemente inattive ovvero attive nell’economia irregolare. Gli interlocutori internazionali se ne sono accorti, a nostro esclusivo danno. Tutto il mondo delle imprese ha espresso in maniera netta e pesante il proprio dissenso né può considerarsi serio l’impegno del governo a successive modifiche. Delle due l’una: o il provvedimento risolve i problemi, aumenta la fiducia a livello internazionale ed è quindi meritevole di fiducia oppure è insufficiente, inefficace e necessita di aggiustamenti. Siamo in uno stato di confusione mentale inaccettabile.

10. Sulla base di tutte queste considerazioni voteremo no alla fiducia sul Disegno di Legge recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” e ci impegniamo a costituire Comitati anti-riforma Fornero a livello territoriale in tutto il Paese. Perché questa legge è contro i giovani, contro le imprese, contro il futuro del nostro Paese.

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