Salamon striglia Cacciari e tifa per Brunetta: “Cultura troppo costosa e lontana dalla città”

Segue la campagna elettorale per la corsa a Ca’ Farsetti a distanza, sia in senso figurato che pratico. “Non sto a Venezia quindi purtroppo non riesco a leggere i giornali locali” spiega Marina Salamon, imprenditrice simbolo del “Made in Veneto”. Ma anche senza scendere in campo, le idee le ha ben chiare: “A questa città serve un enorme scossone. E Renato Brunetta ha soluzioni nuove, strade nuove, che non sono quelle di conservare un blocco di potere stabile per lo meno da 17 anni”.
Lei è stata consulente nella prima giunta Cacciari, ora però appoggia il candidato sindaco del centrodestra. Cosa le ha fatto cambiare idea?
Io le ho sperimentate le giunte dei professori e non parlavano la stessa lingua, sebbene anche io lavori in campo economico. Dev’essere diverso il rapporto con i cittadini, che per me sono clienti-utenti e quindi devono essere serviti al meglio. Conosco Renato da una vita, così come sono amica di Massimo da 32 anni e la mia non è una scelta che si chiama Pdl: è una scelta per amore di Venezia, perché ho paura per il suo futuro.
E per invertire la tendenza a suo avviso serve un cambiamento anche di colore politico.
C’è una scissione di fondo, un mondo intellettuale borghese veneziano che ho frequentato molto anche io e per il quale Brunetta è una provocazione riuscita in ogni gesto, ogni parola. E’ una figura che non appartiene a quella cultura se non perché si tratta di un professore e di un riformista. E se non arriva un bello scossone, il centro storico continuerà a condurre una vita di rendite di posizione o da polo intellettuale che non si collega al territorio. Quindi boccia su tutta la linea l’era Cacciari e il Pd?
Certo non posso fare un blocco di tutto il Pd, c’è quello di Firenze con un sindaco giovanissimo come Renzi, così come in Friuli conosco e stimo Debora Serracchiani, Pd e avvocato. Ma non assomiglia certo a Orsoni.
Che invece non la convince.
Mi preoccupano questo centrosinistra e questa città tutti ripiegati su Massimo e mi preoccupa che si scelgano suoi epigoni che però non ne hanno il carisma.
Torniamo quindi un attimo a Cacciari.
Intendiamoci: io riconosco la grandezza e la capacità di visione strategica di Massimo. Ma o non sa scegliere bravi collaboratori, o non li fa crescere perché alla fine non gliene frega nulla di farli emergere. E’ grande come persona, ma non ha funzionato. Il Massimo che faceva lo scatolone a gennaio e diceva di essere stufo non va bene: si deve amare ciò che si fa fino all’ultimo momento.
E Brunetta è invece sulla sua stessa lunghezza d’onda? Fin d’ora però non si è sbilanciato, parlando di squadra di governo.
Fa benissimo a non dire ora chi sarà vicesindaco o ricoprirà cariche varie, questioni su cui è normale ci siano equilibri delicatissimi. Ma io non l’ho mai visto come uno che vuole fare tutto in prima persona: sa far lavorare bene gli altri e, come me, ha l’umiltà e i coraggio di scegliere persone che sono addirittura migliori di noi.
Il ministro ha più volte parlato anche della necessità di ripensare le istituzioni culturali veneziane. Condivide anche questo?
Assolutamente. Sono istituzioni super-costose con una vita solo teorica che dura tutto l’anno: hanno tanti dipendenti ma sono chiuse al territorio. Io ho un figlio che studia a New York e sia il Moma che il Museo di storia naturale vivono tutto l’anno. Se proietti filmati, crei biglietti famiglia validi tutto l’anno e che ti ripaghi in un solo ingresso, offri cibo a prezzi abbordabili la gente ci va ogni domenica.
E di Mostra del Cinema e nuovo Palazzo cosa pensa?
Io sono per conciliare il turismo del panino con quello dei super ricchi. Non credo che il rilancio della Mostra passerà dal nuovo Palazzo: sarebbe stato meglio investire quei soldi nella creazione di un campus e di una facoltà universitaria seria collegata alla Biennale cinema. Questo sì avrebbe generato ricchezza, mentre così com’è la Mostra muore”.

Francesca Fungher

Da “Il Venezia – il Mestre”, 11.03.2010