Il forum – Venezia, il Corriere del Veneto incontra Brunetta

Porto Marghera, Sinti, Biennale e tram. Sono alcuni dei temi affrontati dal candidato sindaco di Venezia del centrodestra Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, intervistato da un forum di giornalisti del Corriere del Veneto. “Venezia è una città di tante cose, di artigiani, di liberi professionisti, di operai, di commercianti e anche di dipendenti pubblici. La burocrazia veneziana, come quella veneta e del Nordest, è normalmente una buona democrazia. La burocrazia nel pubblico impiego esiste per dare beni e servizi ai cittadini e alle imprese. E i servizi si chiamano scuola, salute, giustizia, sicurezza, buona burocrazia. Chi fa il proprio dovere non ha nulla da temere”.
Ministro, lei ha detto che una delle prime cose che farà sarà una “due diligence” sui conti del Comune. Sospetta che non siano in ordine?
“Anche se a pensar male si fa peccato, non voglio fare illazioni. Dico solo che quando si prende in mano un’azienda la prima cosa che si fa è controllare i conti, per avere chiarezza che non ci siano cose nascoste”.
Pensa che ci siano?
“Non fatemi dire cose che non ho detto. Dico solo che è la prassi del buon amministratore. Se la giunta uscente non ha nulla da rimproverarsi non potrà che essere felice della due diligence”.
A proposito di soldi, lei ha parlato di una nuova legge speciale alla quale sta lavorando. Ci può anticipare qualcosa?
“E’ un anno che sto lavorando a una nuova legge speciale. Da quando è stata definita la legge obiettivo il Mose è stato tolto e la legge speciale è rimasta col buco. Il Mose deve andare a completamento ma credo sia necessario rilanciare una nuova legge speciale che dovrà essere soprattuttodi sviluppo per Porto Marghera, le attività produttive, gli assetti economici, sociali. Il mio piano per Venezia prevede una fortissima legge speciale, perché per riportare 100mila abitanti in dieci anni a Venezia e 50mila posti di lavoro, per fare le bonifiche, per raddoppiare il porto, servono risorse. La capacità sarà quella di recuperarle”.
Ma allora lei pensa a una legge speciale “contenitore” del suo piano per Venezia?
“No. Dovrà trattare solo alcune tematiche, ovviamente. Il piano decennale del candidato sindaco è un’altra cosa. Gli strumenti sono molteplici”.
Lei conta sulla “filiera”, dal Comune a Roma tutti della stessa area politica…
“La filiera è uno dei temi più rilevanti della mia candidatura: comune, Provincia, Regione e Governo centrale. Io ho anche detto che voglio aprire un tavolo permanente istituzionale su venezia. Che metta insieme tutti questi livelli di governo, e anche l’Europa, da una parte, e dall’altra le parti sociali. Servirà una grande verticalizzazione e un grande dialogo che finora non c’è stato. Sul Mose, per esempio, la regione diceva una cosa, il Comune un’altra. Tutto questo ha dato una sgradevole sensazione di perdita di tempo. Forse non lo sappiamo ma il Mose è forse la più grande opera idraulica della storia dell’umanità e la stiamo realizzando noi con i soldi italiani e dei contribuenti”.
Nel suo programma c’è un grande piano di mobilità su Porto Marghera.
“Il più grande piano di mobilità è quello che è avvenuto negli ultimi trent’anni nella distruzione di posti di lavoro. Siamo passati da 40mila addetti diretti a meno di 10mila. Questo è stato il più grande piano di mobilità e distruzione di posti di lavoro non gestito negli ultimi 20-30 anni. E il tutto avveniva sempre con l’ipocrisia degli accordi sindacali, l’ipocrisia della difesa dei posti di lavoro. Io mi propongo di non prendere più in giro i lavoratori. Se ci sono investimenti, viva il mantenimento dei cicli produttivi. Ma se ci sono furbastri che si infilano nei conflitti tra Eni e il sindacato e brindano magari con il sindaco di turno e poi due mesi dopo falliscono…io prese in giro di questo genere ai lavoratori non ne voglio dare”.
Allude a Fiorenzo Sartor? Lo stesso Berlusconi lo salutò come il salvatore della chimica.
“Non io”.
E’ il suo governo.
“Io ho detto che occorre trovare interlocutori seri. Quel passaggio evidentemente non lo era. Da quando Eni se n’è andato, c’è stato via via il degrado degli operatori. Bisogna invertire tutto questo. E nessun sindacato dice di no a un’ipotesi di questo tipo, neanche la Cgil. I sindacati dicono di no alle chiusure al buio. Ma le chiusure al buio ci sono quando non si fa nulla e il primo incidente che passa magari porta il primo pm a chiudere tutto. Questa è deresponsabilità”.
Che tipo di economia s’immagina a venezia e che tipo di appetibilità potrebbe avere per un imprenditore?
“Venezia come luogo è un brand mondiale. Ha una localizzazione straordinaria, è il nuovo baricentro dell’Europa. A patto che si prendano decisioni giuste nel campo infrastrutturale e tecnologico. Io amo gli spiriti animali del capitalismo, ma gli devi dare le precondizioni: porto, aeroporto, formazione, regole e poi vincoli – altre industrie inquinanti non ne voglio – e poi lasciamo che il mercato decida”.
Venezia è anche un sistema culturale: Biennale, Fenice , musei. Lei ha spesso polemizzato con le èlite culturali.
“Una città in declino non può non avere un’offerta culturale in declino. Una Mostra del Cinema che teme Roma, l’ultima arrivata, vuol dire che ha perso la sua spinta propulsiva, quella degli anni ‘30. Evidentemente c’è qualcosa che non va”.
Cosa?
“La mostra è diventata il prodotto autoreferenziale di alcune élite intellettualistiche che sulla logica della qualità e dell’arte hanno rinunciato al pubblico, al mercato, alla produzione di ricchezza. Cercherò di fare della Mostra di Venezia qualche cosa di più simile a Cannes. L’autoreferenzialità intellettualistica, specie se fatta con i soldi di Pantalone, mi dà l’orticaria”.
E la Biennale?
“E’ la più grande offerta di arte contemporanea al mondo ormai da più di un secolo. Però ora vivacchia. Si ragionava, per esempio, a come alternare la biennale d’Arte a una Biennale della scienza, ma non filosofica, applicata. La mia visione della cultura a Venezia, dagli enti lirici in poi, non deve essere più un sistema assistito e autoreferenziale per un bacino limitato, ma l’offerta culturale di una città che riprende in mano il suo destino”.
Chi potrebbe guidare questo progetto? Sgarbi, Zecchi?
“I nomi si faranno al momento opportuno. Il professor Zecchi è il mio capolista e ama la politica”.
Lei si definisce socialista. Il suo modo di essere di sinistra in cosa si differenzierà dalla sinistra veneziana?
“La sinistra che io vedo è una sinistra comunista, post-comunista, verde fondamentalista, attualmente giustizialista. Parliamo di programmi invece. Io voglio che gli inquilini delle case pubbliche possano riscattarle: sono circa 12-14mila case dove vivono 20-30-40mila persone. Il mio essere di sinistra e dalla parte della gente si sostanzia in questo”.
Anche sul tema dell’immigrazione il suo è un pensiero inclusivo. Non a caso nel programma parla di “nuovi veneziani”. Come si concilia con le politiche della Lega?
“La Lega ha firmato il mio programma. E’ il buonismo senza regole e irresponsabile che produce razzismo. La nostra regione ha dato esempi in positivo, tranne alcune eccezioni. La mia venezia è una Venezia inclusiva”:
Sarà una Lega “brunettiana”’
“Il candidato si chiama Brunetta, il programma l’ho scritto io, la Lega lo ha perfettamente condiviso, potrebbe essere un modello per tutta l’Italia”.
Nel suo programma sono previsti contratti di solidarietà per gli immigrati senza lavoro che rischiano di diventare irregolari. Anche su questo la Lega è d’accordo?
“Se l’ho scritto sarà così”.
Facciamo un esempio concreto: il campo Sinti. La Lega vuole che in quelle case vadano anziani e disabili.
“Sono per la piena integrazione, niente ghetti né apartheid. Questo vuol dire mandare i figli a scuola, posti di lavoro, piena cittadinanza”.
Quindi quello secondo lei è un ghetto?
“Certo”.
A loro è stato chiesto se volevano andare nelle case del Comune, solo sette hanno accettato.
“Ripeto, non voglio ghetti”.
Quindi anche contro la loro volontà?
“Ribadisco che non voglio ghetti e apartheid. Ci sono delle regole dello stato che riguardano il lavoro e la costruzione delle comunità. Uno può vivere come vuole, ma se chiede risorse pubbliche… La specificità o il relativismo per cui una comunità si organizza come crede rischia di portare all’esplosione della comunità”.
Ministro, come sosterrà il doppio incarico? Quale sarà la sua settimana tipo?
“Sempre a Venezia e sempre a Roma”.
Ubiquo.
“Le nuove tecnologie consentono l’ubiquità. Esempi di sindaco – ministro ne abbiamo avuti, anche a sinistra. Funzionano? Dipende dal manico”.
Cosa pensa di Cacciari e cosa pensa di Orsoni?
“Il meglio. Ho fatto questa campagna elettorale senza mai attaccare nessuno. In risposta ho avuto insulti feroci”.
Dia un voto a Cacciari sindaco.
“E’ stato sindaco per tre volte. Cacciari e il cacciarismo hanno fallito. La cosa mi turba tanto più visto che l’ultima volta l’ho votato anche io”.
Non è mai stata citata la parola Mestre, forse per colpa nostra…
“Certo, per colpa vostra! Io parlo sempre di città di terra e di città di mare. Troppo facile dire che è brutta e incompiuta. Mestre è una grande realtà sociale, umana e comunitaria che è sempre stata trattata male. Nel mio programma lancio una grande strategia di rinnovo urbano”.
Il suo progetto prevede anche il completamento del tram?
“Andrà fortemente ridiscusso. Una parte della città l’ha voluto, una parte l’ha ferocemente contrastato. Ci sono delle oggettive ragioni dall’una e dall’altra parte, io mi ripropongo di rivedere in maniera assolutamente laica quella scelta”.
Rivedrà il progetto del tram anche con Enrico Mingardi, ex assessore di Cacciari, uomo del tram ora suo sostenitore?
“Lo farò con tutti i cittadini. Non sopporto le demonizzazioni interessate. Anche Cacciari ha fatto una scelta, quella di andarsene indicando il suo successore. Chi ha partecipato alla sua avventura non è detto che debba poi accettare in maniera pedissequa questo comportamento che trovo quantomeno dissociato. Uno se ne va per meglio restare, un po’ come facevano gli inglesi nelle decolonizzazioni? Ma Venezia non è una colonia di Cacciari”.
Il vicesindaco sarà della Lega?
“In politica ci sono delle regole e le regole sono legate alla rappresentanza. Che vuol dire voti, idee, qualità. La distribuzione degli incarichi sarà data sulla base di questo criterio”.
Cos’è per lei Venezia?
“La mia città. Il luogo dei miei studi, dei miei sogni. Ieri sono andato a rivisitare Palazzo Ducale, un mese fa le Gallerie dell’Accademia”.
I luoghi che le danno più emozione?
“Quelli dove sono nato. La mia fondamenta di Cannareggio, il mio Ponte delle Guglie, ma anche tutta la città. Passeggiare per Mestre, pensare all’epopea del ‘48, “il morbo infuria, il pan ci manca”, pensare alla storia, come poteva essere, come non è stata. Pensare ai turisti, alla Lista di Spagna, a mio padre, a mia madre”.
Cosa succede se perde? Resterà in consiglio comunale?
“No. Ho già fatto un’esperienza di questo tipo. Inutile. Ma non perderò”.
Così tremenda l’esperienza del consiglio comunale?
“No, ma fare l’opposizione con questa legge elettorale vuol dire votarsi all’inesistenza. Chi perde non può neanche controllare e questo non va bene. Bisognerebbe rivedere questa legge, dare più peso all’opposizione, ne ho già parlato con Calderoli. Anche contro i miei interessi. Dicono dovrei vincere al primo turno”.

(pagina a cura di Massimiliano Cortivo e Sara D’Ascenzio)

Da “Il Corriere del Veneto”, 11.03.2010