Il senso dello Stato di Francesco Cossiga

Non si comprende nulla della vita politica e dell’azione di Francesco Cossiga se non si parte da un sentimento che Egli ha vissuto con profonda convinzione e senza alcuna ipocrisia retorica: l’altissimo senso dello Stato.

La stagione in cui fu definito “picconatore”, e fatto oggetto di attacchi concentrici, definito pazzo e pressato alle dimissioni, anche con una messa in stato d’accusa, coincise, in realtà, proprio con il congiungersi fra quel senso dello Stato e la consapevolezza che il vecchio mondo politico, che aveva vissuto nella realtà della guerra fredda, stava terminando i suoi giorni. Aveva ragione Francesco Cossiga. E credo si debbano dire parole chiare, anche relativamente alla vicenda che spinse l’opposizione di sinistra a considerarlo un traditore della Costituzione: egli non volle mai riconoscere al Consiglio Superiore della Magistratura un ruolo d’autonoma iniziativa politica e d’interdizione del legislatore, oltre che del governante. Anche in quel caso ebbe ragione. Anche in quell’occasione seppe vedere più lontano di altri.